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La Madre di Dio

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La Vergine Maria è rappresentata senza il Bambino soltanto quando è in composizione con altre figure, come nella Déisis e nelle scene evangeliche (Annunciazione, Crocifissione, ecc.). Altrimenti il suo appellativo di Theotókos (Genitrice di Dio) esige che sia raffigurata col Bambino in braccio o davanti al petto. La tradizione pittorica si è fissata su diversi atteggiamenti diventati tipici. Ecco i più comuni:


La Odighítria, in greco JOdhghvtria: «Colei che fa da guida sulla via», è l'icona più antica, il cui originale era attribuito all'evangelista Luca. Maria con la tunica azzurra (simboleggia la natura umana) e il manto rosso o porpora (il fuoco, simbolo della Divinità: Maria è in stretto rapporto con il Dio fatto uomo, che le copre anche il corpo, porta una stella sul capo e su ciascuna spalla, simbolo della triplice verginità; tiene sul braccio sinistro il Bambino Gesù, mostrandolo con la mano destra, come per indicare di seguire Gesù che è la via (Giovanni 14, 5). Il Bambino dall'aspetto maturo e pensoso, rivestito con tunica e manto come un adulto, benedice con la destra, mentre nella sinistra tiene il rotolo della rivelazione.

La Madonna della Tenerezza, detta in greco Glykofilússa, cioè «che abbraccia dolcemente», stringe a sé, guancia contro guancia, il Bambino che le tiene le braccia al collo. Famosa è l'icona di Vladimir, dalla città russa dove fu venerata per molto tempo; fu portata in Russia da Costantinopoli nel sec. XII. Il velo di tristezza sul volto di Maria fa comprendere anche l'altro nome di questo tipo di icone, la Eleússa, cioè «colei che ha compassione».

La Madonna del Segno (in russo znamenie) di cui è un magnifico esemplare la «Nikopeia» (in greco: Vittoriosa) conservata in S. Marco a Venezia, è rappresentata con le braccia distese in atto di preghiera (orante), avendo davanti a sé, spesso racchiuso in un nimbo come fosse dentro il suo seno, il Bambino benedicente. La denominazione «del Segno» si riferisce al segno o miracolo proposto da Isaia 7, 14: «Il Signore vi darà lui stesso un segno: ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiamerà Emanuele». Una variante di questa icona è chiamata in greco Platytéra, con riferimento a un inno liturgico - che riporteremo più avanti - dive si dice: «Dio ha reso il tuo grembo più vasto (platytéran) dei cieli».

La Madonna della Passione: così si può chiamare l'icona che rappresenta il Bambino nell'atto di afferrare con ambedue le mani la mano destra della Madre, mentre volge il viso all'indietro per guardare un Angelo che gli presenta la croce con gli altri strumenti della Passione, come ad esprimere la coscienza del futuro destino e il turbamento, per cui si aggrappa alla Madre come un bambino in cerca di protezione. Come nell'icona della Tenerezza e a differenza della ieratica e teologica Odighítria, qui il sentimento si unisce all'aspetto dottrinale. È certamente una iconografia nota in Oriente (anche se tardiva): la si trova anche in un affresco del Monte Athos nel monastero Kutlumussíu, ma è molto diffusa in Italia col nome di Madonna del Perpetuo Soccorso. Le iscrizioni in greco che designano gli Arcangeli (qui sono due) Michele (con la lancia, la spugna e il vaso di aceto) e Gabriele (con la croce e i chiodi) rivelano l'origine orientale. L'affresco del Monte Athos porta l'iscrizione JH foberh; Prostasiva, cioè «La formidabile Protezione», forse per indicare che dà sicurezza contro ogni causa di spavento.

Dei quattro tipi qui descritti esistono molte varianti, anche in composizione con altre figure. Esse portano anche altri nomi caratteristici, legati al luogo di origine, o alla città dove sono oggetto di venerazione e meta di pellegrinaggi, specialmente in Russia dove sono circa duecento le icone miracolose, con le relative feste segnate nel calendario liturgico.


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